È una domanda che ti ronza sempre in testa. E che ti fa arrabbiare, il più delle volte. Quale? Questa:
La meritocrazia nel lavoro è davvero una balla?
La risposta è: in realtà no, ma lo diventa quando non viene davvero attuata.
Questo succede in gran parte dei settori della società: il performance management e il mondo del lavoro non fanno eccezione.
Si parla molto di meritocrazia, ma concretamente quanto spesso si verificano dinamiche meritocratiche? Qui ti spieghiamo cos’è, o dovrebbe essere, la meritocrazia, come sfatare falsi miti e come cercare di raggiungerla veramente.
Italia ultima in Europa
Sicuramente in Italia si realizza molto poco. Secondo il “Meritometro”, una particolare classifica di 12 paesi europei realizzata nel 2021 dall’Università Cattolica di Milano per il Forum della Meritocrazia, l’Italia è ultima. Lo studio socio-economico ha preso in considerazione alcune caratteristiche fondamentali:
- Libertà
- Pari opportunità
- Sistema educativo
- Attrattività per i talenti
- Regole
- Trasparenza
- Mobilità sociale
Valutando questi fattori di fondamentale importanza l’Italia resta fanalino di coda, dopo Spagna e Polonia. Ai primi posti invece spiccano i paesi scandinavi e Germania, Gran Bretagna e Francia.
Meritocrazia: cos’è
Non giriamoci troppo intorno. Meritocrazia non vuol dire dare a tutti lo stesso premio. La meritocrazia, soprattutto sul lavoro, è dare a tutti le stesse possibilità, in base al livello di ciascuno, ovvero a parità di accesso alle risorse.
La valutazione di per sé non è mai oggettiva e l’essere umano deve sforzarsi per renderla oggettiva.
Per esserlo dovrebbe basarsi su criteri equi.
A scuola, per esempio, un compito in classe uguale per tutti non è equo. L’uguaglianza è nemica dell’equità, per attuare un criterio meritocratico è necessario invece dare a tutti le stesse possibilità. Questo cosa vuol dire in pratica?
Significa dare più aiuto a chi ne ha bisogno, per metterlo in condizione di partire dallo stesso livello di chi non ha lacune, e avere quindi lo stesso vantaggio.
Meritocrazia nel lavoro
Nel mondo del lavoro la meritocrazia fatica ad affermarsi: continua ad esserci una grande differenza di accesso al mondo del lavoro o a posizioni di rilievo.
Solo in Italia sono ancora molte le persone che ritengono più importante puntare sulle conoscenze giuste che su competenze e curriculum.
La meritocrazia dovrebbe invece prevedere una possibilità uguale di accesso alla scuola, alla formazione e in generale allo sviluppo.
Performance Management e meritocrazia sul lavoro
Nelle organizzazioni esistono molti sistemi che cercano di portare valutazioni oggettive delle persone che compongono il team aziendale.
Uno su tutti è il Performance Management: un sistema di gestione delle prestazioni che dovrebbe permettere una valutazione più oggettiva delle persone, delle loro competenze, delle loro prestazioni, dei risultati a fronte di obiettivi attribuiti e raggiunti. E di conseguenza assegnare, in base a queste valutazioni, premi in termini economici, di avanzamento di carriera e altro.
Ma spesso questi processi non sono meritocratici. Questo perché valutare competenze non è facile e perché è ancora più difficile raggiungere un criterio oggettivo se la decisione viene presa da una sola persona, alla fine dell’anno.
Nelle aziende si valutano due grandi aspetti: le prestazioni hard (obiettivi e risultati) e le prestazioni soft (i comportamenti e le competenze aggiunte). Se non viene controllato, questo processo di valutazione diventa soggettivo e la meritocrazia non c’è.
La rivoluzione del Development Management
La soluzione è passare da un processo valutativo come il performance management a un processo che si occupa di sviluppo, che potremmo definire Development Management, per avvicinarsi al sistema meritocratico. L’obiettivo cambia e non sarà più “stabilire chi premiare”, ma sarà quello di “stabilire come farti crescere”, quindi in che direzione sviluppare le competenze delle persone.
Si tratta in concreto di mettere al centro le persone e individuare quali sono gli ambiti di miglioramento. Ma anche quali sono le caratteristiche personali, le competenze trasversali, quelle tecniche e infine permettere alle persone di girare all’interno dell’azienda, quindi effettuare più job rotation.
I benefici per le aziende che scelgono le persone
Dalle testimonianze che arrivano dalle grandi aziende che hanno già scelto questo modello, possiamo affermare che: se rendi la persona contenta di lavorare in azienda, la persona automaticamente renderà di più.
E’, in sintesi, un rovesciamento del classico paradigma del dovere prima del piacere. Proprio così. Se metti il piacere, il benessere, al primo posto, il resto sarà automatico.
Se l’ambiente lavorativo risulta piacevole e motivante, le persone automaticamente lavoreranno meglio e di più. E grazie a questo atteggiamento e a questo clima l’azienda riuscirà ad aumentare la produttività e i profitti.
Scegliere nuovi modelli organizzativi che guardano verso una maggiore partecipazione di tutte le persone che formano l’azienda, è la nuova strada del performance management.
Vuoi saperne di più su nuovi modelli organizzativi? Segui il nostro Journal, ne parleremo nei prossimi blog post.
Se invece vuoi scoprire come rendere più meritocratico il tuo sistema di performance management? Leggi qui.
Leggi qui: Just Culture nelle HR: l’errore che fa crescere le aziende